“Le ombre si sfiorano anche quando i corpi restano distanti. È nella giusta distanza che troviamo equilibrio: troppo vicine si sovrappongono e si fanno più scure, troppo lontane si dissolvono.”
Provare a trovare, costuire e tenere una “giusta distanza” dagli altri, dai nostri adulti significativi, dai nostri genitori, dal nostro passato, dai nostri compagni, dai nostri figli. Perché è nella giusta distanza che possiamo vedere con più chiarezza e comprendere senza giudicare.
Quando in terapia emergono storie di genitori critici, distanti o sprezzanti, spesso il dolore del cliente si scontra con la difficoltà di accettare che proprio quelle figure, che avrebbero dovuto offrire amore e sicurezza, abbiano invece ferito. È naturale ribellarsi all’idea che l’unico genitore avuto non abbia saputo fare meglio. Eppure, attraverso il percorso terapeutico, si arriva a comprendere che anche quei genitori vengono da storie difficili. Un padre ipercritico, forse, è stato cresciuto nell’assenza di affetto o con aspettative schiaccianti. Una madre distante, forse, ha imparato presto a proteggersi dal dolore isolandosi emotivamente. C’è una trasmissione generazionale di schemi relazionali che, inconsapevolmente, ricade in qualche modo nei figli.
Rompere la catena: comprendere senza giustificare
“Non possiamo cambiare ciò che è accaduto, ma possiamo cambiare come lo portiamo nella nostra mente.” – Stephen Finn
“Non tutti i ponti reggono il peso della nostra storia. Alcuni rimangono intatti, permettendoci di attraversare il passato senza ostacoli. Altri, invece, si spezzano, lasciandoci bloccati tra ciò che è stato e ciò che potrebbe essere.
Accettare la propria storia non significa minimizzarla o negare il dolore. Significa riconoscerla per ciò che è, senza lasciare che il passato continui a determinare il presente. Spesso si pensa che accettare voglia dire giustificare, ma in realtà vuol dire prendere atto di ciò che è stato, fare spazio alle emozioni, riconoscerle e sentirle, senza esserne sopraffatti e scegliere con consapevolezza come relazionarsi con il passato. La terapia non è un processo di giudizio, né un esercizio di perdono imposto. È un’opportunità per guardare la propria storia con nuovi occhi e trovare la giusta distanza: – una distanza che permetta di accettare il passato senza subirlo, – di sentire il dolore senza esserne schiacciati, – di riconoscere ciò che è stato senza lasciare che definisca il futuro.
Se sei in cerca di un percorso che possa aiutarti a farlo, ma non sai quale approccio scegliere, ti consiglio di leggere il mio articolo su [Come scegliere lo psicoterapeuta più adatto]
Verso una nuova relazione con sé stessi
“Credo che ogni persona, se supportata, possa trovare i giusti passi da fare per costruire una vita migliore.” – Stephen Finn
La nostra ombra porta i segni del passato, nitida e ineludibile. La strada davanti, invece, può confondersi e confonderci. Trovare la giusta distanza significa scegliere se seguire il peso di ciò che è stato o tracciare un nuovo percorso.
Spezzare i legami con il passato non significa necessariamente interrompere i rapporti con i genitori, ma ridefinire il modo in cui ci si relaziona a loro. Non sempre è possibile o sano ricostruire un rapporto stretto, ma nella maggior parte dei casi il percorso terapeutico porta a una nuova consapevolezza: quella di poter decidere con una maggiore chiarezza e comprensione maturata in terapia, se stare o no accanto ai propri genitori e con quale diverso equilibrio, ovvero costruirsi una nuova giusta distanza. Nella pratica, ciò può voler dire scegliere di non combattere più battaglie che non avranno mai un vincitore, smettere di cercare conferme da chi non ha mai saputo darle, o accettare i limiti di chi ci ha cresciuti senza che questi definiscano il nostro valore.
L’Assessment Collaborativo: nuove strade da esplorare
Trovare la giusta distanza è un percorso delicato, fatto di equilibri sottili tra vicinanza e protezione, tra comprensione e autonomia. A volte siamo come ombre che si sfiorano, capaci di sentirci vicini anche senza toccarci; altre volte, siamo su ponti spezzati, sospesi tra il desiderio di unire ciò che è diviso e la necessità di accettare che alcune distanze non possono essere colmate.
L’Assessment Collaborativo non offre risposte definitive, ma aiuta a tracciare nuove mappe interiori, a costruire nuovi ponti o, quando necessario, ad attraversare quelli già esistenti con maggiore consapevolezza. Non si tratta solo di elaborare il passato, ma di scegliere con quale passo e da quale distanza vogliamo camminare nel nostro futuro.
Per approfondire i principi dell’Assessment Terapeutico, puoi guardare questo video in cui il Dott. Stephen Finn ne parla in dettaglio: [YouTube link]