L’isolamento sociale è un fattore determinante per il consumo continuato di droghe
Le dipendenze sono l’unica scelta?
C’è sempre questa facilità di giudizio, leggevo di queste dichiarazioni, tra cui: “La droga è m**da e chi si droga è un cogl**ne”
C’è sempre questa facilità di giudizio sugli altri, senza neanche sapere da dove l’altro viene, che storia porta con sè e di sè, quando basterebbe provare a volte a mettere i piedi nelle scarpe dell’altro per capire dove e come noi saremmo potuti arrivare e con quali difficoltà o se non avremmo addirittura fatto di peggio.
C’è sempre questa facilità di giudizio, quando si parla di dipendenze e c’è chi è dipendente dal gioco d’azzardo, dal sesso, da una persona, dai social, dal cibo, dall’alcool, dallo shopping, non solo dalle droghe, e le dipendenze sono, semplificando, “l’unica scelta”, ma dobbiamo capirne di più, dobbiamo andare oltre, anche perchè quasi tutto quello che pensiamo di sapere sulla dipendenza potrebbe essere sbagliato.
L’esperimento del RAT-PARK
Negli anni 60, hanno fatto un esperimento: hanno preso un ratto, l’hanno messo in una gabbia singola e gli hanno dato due bottiglie di acqua, una contenente acqua fresca e l’altra acqua con la droga che da più dipendenza, l’eroina; il topo preferiva sempre l’acqua con la droga e consumava, in molti casi, tutta la quantità fino a procurarsi la morte.
Alla fine degli anni 70 il professore Bruce Alexander, docente di psicologia dell’università di Vancouver, ha osservato questo esperimento notando però che il ratto di turno era sempre messo in gabbia da solo, quindi decise di costruire una gabbia collettiva enorme, quasi 200 volte più grande: un RAT-PARK, ovvero un parco giochi per topi, abbellito con alberi ed elementi naturali dove vennero anche inseriti altri topi provenienti dal mondo esterno.
A questo punto, tutti i topi, sia quelli in gabbia che quelli nel parco, avevano sempre accesso alla possibilità di bere i due liquidi, ma mentre quelli in gabbia singola preferivano sempre l’acqua con l’eroina, i topi nel RAT-PARK preferivano maggiormente l’acqua fresca senza nessuna aggiunta di altre sostanze.
L’esperimento del RAT-PARK ha dimostrato che l’isolamento sociale è un fattore determinante per il consumo continuato di droghe.
La libertà e la compagnia dell’altro fanno calare drasticamente la dipendenza; l’opposto della dipendenza non è la sobrietà, ma la relazione.
Cosa s’intende per dipendenza?
Con il termine dipendenza si intende una condizione in cui l’organismo ha bisogno di una determinata sostanza per funzionare e sviluppa una dipendenza fisico-chimica da essa.
Non esiste una teoria unitaria a proposito dell’uso e della dipendenza da sostanze psicoattive o, più in generale, dell’addiction.
Spesso il termine addiction è usato come sinonimo di dipendenza, tuttavia il termine addiction, denota la dipendenza che spinge l’individuo alla ricerca dell’oggetto di dipendenza, senza il quale la sua esistenza diventa priva di significato: è dunque un coinvolgimento crescente e persistente della persona al punto che l’oggetto di dipendenza pervade i suoi pensieri ed il suo comportamento.
Lo psicologo Stanton Peel sostiene che la dipendenza non è una patologia cronica del cervello o un fenomeno biologico, ma un processo che può essere indagato solo soggettivamente in termini di valori, finalità, motivazione, esperienza, relazioni.
L’uso di sostanze da parte dell’essere umano è situato in un’ecologia, in cui i fattori biologici, psicologici e sociali si incontrano ed esercitano reciproca influenza sui risultati.
Tra alcune delle principali ipotesi e teorie di riferimento citiamo: L’approccio neurobiologico: sistema di reward, neurotrasmettitori e neuroadattamento, L’ipotesi di automedicazione, La teoria dell’attaccamento, Le teorie cognitivo-comportamentali e La teoria sociocognitiva di Bandura.
L’ipotesi di automedicazione di cosa parla?
La SMH, Self-Medication Hypothesis o ipotesi di automedicazione di E.J. Khantzian deriva dalla prospettiva psicodinamica ed è guidata da un approccio umanistico al paziente, è applicabile anche alle dipendenza senza uso di sostanze, ovvero alle new addictions.
Questa ipotesi, formulata negli anni Settanta dice che le droghe diventano additive perché hanno l’effetto potente di alleviare, rimuovere o cambiare il dolore e la sofferenza psicologica, sentita come insopportabile.
Le droghe riducono la rabbia, l’ansietà, la depressione e stati affettivi dolorosi e non è tanto il piacere che i dipendenti cercano, quanto piuttosto di regolare le loro emozioni e scappare da sentimenti costanti di deprivazione, vergogna e inadeguatezza; l’automedicazione, quindi è parte del sistema difensivo e di adattamento.
Edward Khantzian, dopo la casistica dei soggetti da lui trattati, dice che il tipo di droga era selezionato in modo tale che le proprietà farmacologiche della sostanza fossero idonee ad alleviare gli stati affettivi disturbanti del soggetto. Le droghe, quindi, vengono scelte attraverso successivi tentativi in cui i consumatori si imbattono in una droga che allevia specifici affetti.
Quale droga viene scelta e perchè?
La maggior parte preferisce una classe specifica di droghe che induce determinati effetti e viene incontro ai bisogni psicologici centrali della persona, nello specifico:
a) gli oppiacei vengono assunti per fronteggiare stati di disforia (disturbo dell’umore affine agli stati di depressione e di irritazione; opposto di euforia) associati ad aggressività e rabbia;
b) gli stimolanti e la cocaina vengono assunti per fuggire da uno stato depressivo e di vuoto, per alleviare sentimenti di noia, morte interna e mancanza di significato nella vita (vengono anche usati da persone con disturbi dell’attenzione per i loro paradossali effetti calmanti);
c) i sedativi e l’alcol vengono utilizzati per fare cadere le inibizioni e l’ipercontrollo e per ridurre la tensione e gli stati ansiosi;
d) la cannabis e gli allucinogeni vengono usati per combattere l’isolamento.
Esistono a supporto della teoria dell’automedicamento alcuni studi sperimentali, tra questi particolarmente interessante è quello condotto nel 1977 da Wusmer L. e Pecksnifr Mr.
Si tratta di una ricerca in cui un gruppo di eroinomani è stato trattato con doxepina (antidepressivo) e paragonato ad un gruppo di controllo trattato con placebo. L’antidepressivo ha provocato una significativa riduzione del craving ovvero del desiderio incontrollabile di assumere la sostanza, in questo caso l’eroina.
Gli autori, quindi, conclusero che gli eroinomani fossero affetti da sindrome ansioso-depressiva che andava in remissione per effetto del trattamento di un farmaco antidepressivo.
Per quel che riguarda le new addictions è stato ipotizzato che, anche per queste dipendenze, possa essere valida la teoria di Khantzian.
Quali dipendenze sono più complicate da superare?
In ordine di difficoltà, secondo Stanton Peel, le sette dipendenze più complicate da superare:
1- Dipendenza affettiva
2- Cibo spazzatura
3- Fumo
4- Eroina
5- Psicofarmaci
6- Alcol
7- Cocaina