Diventare la propria base sicura interiore

SCOPRIRE LA PROPRIA BASE SICURA INTERIORE SIGNIFICA IMPARARE A ESSERE QUELLA PRESENZA CHE NON ABBANDONA, NEMMENO QUANDO TUTTO TACE

base sicura interiore
Imparare a costruire la propria base sicura interiore: la voce che ci accompagna anche quando tutto tace.

Ci sono parole che cambiano la direzione di una giornata.
E a volte, l’unica cosa di cui abbiamo davvero bisogno è una persona.
Una persona che ci dica: “Stai tranquillo, tu ce la farai, io credo in te, vai avanti, non mollare.”

E a volte, quella persona dobbiamo essere noi stessi.

Ci sono momenti in cui il mondo sembra distante,
e le parole che vorremmo sentire non arrivano da nessuno.
È allora che possiamo imparare a pronunciarle dentro di noi,
a diventare quella voce che sostiene, che crede, che accoglie.
Essere quella presenza che non abbandona, nemmeno quando tutto tace.

Quando impariamo a costruire la nostra base sicura interiore

Nel percorso psicologico impariamo a costruire una base sicura interiore, una voce capace di accompagnarci anche nei momenti di solitudine.
Non è isolamento, ma maturità emotiva: la capacità di restare accanto a sé stessi senza fuggire, di contenere le proprie emozioni, di accogliere la vulnerabilità come parte della vita.

Secondo John Bowlby, la “base sicura” è la radice di ogni legame sano: è ciò che ci permette di esplorare il mondo sapendo di poter tornare in un luogo sicuro. Nella terapia, questo luogo comincia a esistere dentro di noi.

Nel percorso terapeutico: costruire una base sicura interiore

Nel lavoro clinico, mi accorgo che la svolta arriva proprio qui:
quando una persona sente che può contare su sé stessa,
che può parlarsi con gentilezza invece che con giudizio,
che può scegliere di restare, invece di scappare.

Diventare la propria base sicura interiore significa imparare a riconoscere i propri bisogni senza colpa e a reggere le emozioni senza negarle. È un atto di resilienza psicologica e di autocompassione profonda.

La terapia offre lo spazio dove questa voce può nascere e consolidarsi: un’esperienza di accoglienza che, con il tempo, diventa parte del proprio modo di vivere, amare e pensarsi.

Essere la voce che avremmo voluto accanto

Diventare la propria base sicura interiore non significa non aver bisogno degli altri, ma scegliere relazioni più libere e reciproche.
Significa smettere di aspettare salvezze esterne e cominciare a costruire fiducia, presenza e ascolto.

È la capacità di diventare quella voce che avremmo voluto accanto: calda, ferma, paziente.
Una voce che ci dice — anche quando tutto tace — che possiamo farcela.

Conclusione: il valore di una base sicura interiore

La base sicura interiore non è un traguardo, ma un processo.
Ogni volta che impariamo a sostenerci, stiamo costruendo dentro di noi una nuova possibilità di fiducia e consapevolezza.

Se vuoi approfondire come si sviluppa questa voce interiore attraverso la psicoterapia, leggi anche Imparare a lasciare andare: un passo ulteriore nel percorso verso una presenza più stabile e compassionevole.

Cosa posso fare con mio figlio?

“Come devo comportarmi con mio figlio?” o “Noi come genitori stiamo facendo il bene di nostro figlio?

Queste o altre domande simili, sono quasi sempre le stesse che raccolgo nel primo o secondo incontro dell’Assessment collaborativo familiare, dove sono presenti entrambi i genitori, il figlio/a, sia che sia minorenne che maggiorenne, fratelli o sorelle, ed eventualmente altri adulti di riferimento.

Il percorso di psicoterapia familiare può consentire di riscrivere una storia familiare più accurata e di ristabilire le appropriate gerarchie strutturali nella famiglia di ciascun membro familiare da parte degli altri.

Tale percorso può permettere anche di de-triangolare, (il termine triangolazione identifica una specifica dinamica relazionale nella quale la comunicazione e le interazioni tra due individui non avvengono direttamente, ma sono mediate da una terza persona) ovvero di evitare quindi che il figlio viva al posto dei genitori le loro dinamiche disfunzionali.

Per approfondire il concetto di triangolazione e il ruolo della terapia familiare, puoi consultare questo interessante articolo delle teorie di Murray Bowen e Jay Haley.

L’assessment collaborativo familiare è rivolto alla gestione e risoluzione di momento di crisi, all’elaborazione cognitiva, emotiva e relazionale delle personali difficoltà e al miglioramento della propria qualità di vita.

Se senti che potrebbe esserti utile un supporto psicologico ma non sai quale professionista faccia al caso tuo, ti consiglio di leggere il mio articolo su Come scegliere lo psicoterapeuta più adatto?.

“Perchè sento di aver sbagliato con mio figlio?”

Alla fine del percorso avremo modo di rispondere assieme, in modo collaborativo, a tutte le vostre domande, questo grazie ai test che utilizzeremo proprio con la finalità di aumentare la nostra consapevolezza su tutte le dinamiche relazionali nonché comprendere il funzionamento personologico di tutti i membri familiari.

Massimo Recalcati, psicanalista e saggista italiano, in una delle tante conferenze, dopo l’analisi della figura del padre e della madre, completa un’ideale trilogia soffermandosi sulla figura del figlio, con il suo libro “Il segreto del figlio” ci dice che il compito primo, il più alto e il più difficile dei genitori è quello di avere fede nel segreto incomprensibile del figlio e nel suo splendore.

Recalcati continua dicendo, al Festivaletteratura di Mantova: “Ogni figlio è una poesia. In che senso un figlio è una poesia? 

Una poesia esiste quando abbiamo un certo rapporto tra il linguaggio e la parola, non c’è poesia senza linguaggio, la condizione della poesia è l’esistenza del linguaggio, la condizione del figlio è l’esistenza dei genitori, non c’è poesia senza linguaggio cosi come non c’è figlio senza genitori.

La poesia è già tutta contenuta nel linguaggio? No, perché ci sia poesia, bisogna che ci sia un evento, c’è bisogno di un’invenzione, c’è bisogno di una creazione.

Il linguaggio offre lo strumento perchè la poesia generi una creazione nuova ed è esattamente il problema del figlio.

Il figlio è una poesia perché origina dal linguaggio, cioè dai suoi genitori, dalla vita dell’altro, ma il suo compito è diventare poesia, cioè diventare qualcosa che non era previsto dall’altro, qualcosa di nuovo, una vita differente, dalla vita dell’altro, in questo senso ogni figlio è uno sforzo di poesia.

Ogni figlio ha la sua provenienza nell’altro, ogni figlio proviene dai suoi genitori ma il compito di ogni figlio è farsi vita differente dalla vita dei suoi genitori. 

Ogni genitore si trova, prima o poi, a porsi domande difficili sul proprio ruolo e sul benessere dei figli. L’Assessment Collaborativo Familiare offre uno spazio per comprendere meglio le dinamiche relazionali, sciogliere nodi comunicativi e ritrovare una nuova armonia. Non si tratta di cercare colpe, ma di costruire consapevolezza e nuove possibilità di relazione.

Se senti che è il momento di approfondire queste tematiche e vuoi capire se questo percorso può fare al caso tuo, contattami per un primo confronto. Insieme possiamo trovare il modo migliore per supportare la crescita e l’equilibrio della tua famiglia.