Strade Perdute: David Lynch e il viaggio nell’inconscio

La recente scomparsa di David Lynch ci spinge a riflettere sull’eredità culturale e psicologica di un autore che ha saputo esplorare con maestria i territori più oscuri e complessi della mente umana. Il suo cinema, in particolare Strade perdute (Lost Highway), rappresenta un esempio straordinario di come cinema e psicologia possano incontrarsi per indagare le profondità dell’inconscio.

La metafora del viaggio interiore

In Strade perdute, Lynch ci conduce in un universo narrativo dove il confine tra realtà e finzione è volutamente sfumato. Questo labirinto visivo e psicologico riflette perfettamente il processo terapeutico e il confronto con l’inconscio. Il protagonista, Fred Madison, è un musicista che si ritrova prigioniero di eventi e identità che non riesce a spiegare, proprio come accade ai pazienti che iniziano un percorso psicoterapeutico: si scontrano con sintomi, emozioni e pensieri che sembrano provenire da un “altro mondo”, ma che in realtà emergono dalle parti rimosse di sé.

Fred afferma: “Preferisco ricordare le cose a modo mio.” Questa frase sintetizza il tentativo di controllare una realtà frammentata attraverso una narrazione personale, spesso distorta, che protegga dal dolore e dalla confusione. Questo meccanismo difensivo è comune anche nella psiche umana, dove la rimozione e la distorsione dei ricordi servono a mantenere un equilibrio apparente. Ma cosa succede quando queste difese crollano?

L’inconscio e il conflitto psichico

Lynch attinge profondamente alla psicoanalisi freudiana, rappresentando visivamente il conflitto tra Io, Es e Super-Io. In Strade perdute, il protagonista affronta un mondo deformato, dove la logica lascia spazio al simbolismo onirico. Questo non è molto diverso dal lavoro psicoterapeutico, dove sogni, desideri e traumi rivelano la loro influenza nascosta sulla nostra vita quotidiana.
Il concetto di “strade perdute” diventa quindi una potente metafora dell’inconscio: quei percorsi mentali dimenticati o negati che continuano a influenzare le nostre scelte, anche senza che ne siamo consapevoli. Fred si ritrova in un ciclo di eventi apparentemente senza via d’uscita, un’immagine che rappresenta la ripetizione dei conflitti irrisolti che molti pazienti portano in terapia.

La discesa nelle ombre: la psicoterapia come trasformazione

Proprio come Fred, che si addentra nelle sue “strade perdute”, il paziente in terapia intraprende un viaggio di scoperta che può essere doloroso ma anche profondamente trasformativo. L’obiettivo non è cancellare il passato, ma rileggerlo, comprenderlo e integrarlo in una nuova narrazione personale.
Nel film, la destrutturazione dell’identità di Fred riflette il momento cruciale in cui il vecchio senso del sé viene messo in discussione. Questo passaggio è necessario per accedere a una consapevolezza più autentica. In psicoterapia, il terapeuta guida il paziente in questo percorso, aiutandolo a confrontarsi con i suoi traumi e le sue ombre interiori, per costruire una realtà più complessa ma anche più vera.

L’eredità di Lynch: un ponte tra arte e psicologia

David Lynch ha saputo rappresentare visivamente ciò che accade dentro di noi quando affrontiamo le contraddizioni e i conflitti che ci definiscono. La sua poetica ci ricorda che la mente umana non è un insieme rigido e razionale di pensieri, ma un tessuto fluido in cui sogni e realtà si intrecciano. Questo approccio risuona profondamente con la psicoterapia, che si basa proprio sull’esplorazione dell’inconscio e sul confronto con le parti rimosse del sé.
Lynch ci insegna che la realtà non è mai oggettiva, ma è plasmata dai nostri desideri, paure e traumi. Il suo cinema è un invito a guardare oltre la superficie delle cose, a scendere nelle profondità della mente per scoprire chi siamo davvero.

Conclusioni: affrontare le proprie “Strade Perdute”

La morte di David Lynch ci priva di un artista straordinario, ma la sua opera resta una fonte inesauribile di riflessione. Strade perdute non è solo un film, ma una lezione sulla condizione umana: ci invita a esplorare quei luoghi della mente che spesso preferiamo evitare, ma che contengono le chiavi per la nostra crescita personale.
In psicoterapia, proprio come nel viaggio di Lynch, non esistono risposte facili o lineari, ma è affrontando le nostre “strade perdute” che possiamo raggiungere una comprensione più profonda di noi stessi e del nostro rapporto con il mondo.
Se senti il bisogno di intraprendere questo viaggio interiore, ricorda che non sei solo. Un percorso terapeutico può aiutarti a dare un senso alle tue esperienze e a scoprire nuove prospettive su chi sei e su chi vuoi diventare.

Contattami per iniziare il tuo viaggio interiore.

Cosa posso fare con mio figlio?

“Come devo comportarmi con mio figlio?” o “Noi come genitori stiamo facendo il bene di nostro figlio?

Queste o altre domande simili, sono quasi sempre le stesse che raccolgo nel primo o secondo incontro dell’Assessment collaborativo familiare, dove sono presenti entrambi i genitori, il figlio/a, sia che sia minorenne che maggiorenne, fratelli o sorelle, ed eventualmente altri adulti di riferimento.

Il percorso di psicoterapia familiare può consentire di riscrivere una storia familiare più accurata e di ristabilire le appropriate gerarchie strutturali nella famiglia di ciascun membro familiare da parte degli altri.

Tale percorso può permettere anche di de-triangolare, (il termine triangolazione identifica una specifica dinamica relazionale nella quale la comunicazione e le interazioni tra due individui non avvengono direttamente, ma sono mediate da una terza persona) ovvero di evitare quindi che il figlio viva al posto dei genitori le loro dinamiche disfunzionali.

Per approfondire il concetto di triangolazione e il ruolo della terapia familiare, puoi consultare questo interessante articolo delle teorie di Murray Bowen e Jay Haley.

L’assessment collaborativo familiare è rivolto alla gestione e risoluzione di momento di crisi, all’elaborazione cognitiva, emotiva e relazionale delle personali difficoltà e al miglioramento della propria qualità di vita.

Se senti che potrebbe esserti utile un supporto psicologico ma non sai quale professionista faccia al caso tuo, ti consiglio di leggere il mio articolo su Come scegliere lo psicoterapeuta più adatto?.

“Perchè sento di aver sbagliato con mio figlio?”

Alla fine del percorso avremo modo di rispondere assieme, in modo collaborativo, a tutte le vostre domande, questo grazie ai test che utilizzeremo proprio con la finalità di aumentare la nostra consapevolezza su tutte le dinamiche relazionali nonché comprendere il funzionamento personologico di tutti i membri familiari.

Massimo Recalcati, psicanalista e saggista italiano, in una delle tante conferenze, dopo l’analisi della figura del padre e della madre, completa un’ideale trilogia soffermandosi sulla figura del figlio, con il suo libro “Il segreto del figlio” ci dice che il compito primo, il più alto e il più difficile dei genitori è quello di avere fede nel segreto incomprensibile del figlio e nel suo splendore.

Recalcati continua dicendo, al Festivaletteratura di Mantova: “Ogni figlio è una poesia. In che senso un figlio è una poesia? 

Una poesia esiste quando abbiamo un certo rapporto tra il linguaggio e la parola, non c’è poesia senza linguaggio, la condizione della poesia è l’esistenza del linguaggio, la condizione del figlio è l’esistenza dei genitori, non c’è poesia senza linguaggio cosi come non c’è figlio senza genitori.

La poesia è già tutta contenuta nel linguaggio? No, perché ci sia poesia, bisogna che ci sia un evento, c’è bisogno di un’invenzione, c’è bisogno di una creazione.

Il linguaggio offre lo strumento perchè la poesia generi una creazione nuova ed è esattamente il problema del figlio.

Il figlio è una poesia perché origina dal linguaggio, cioè dai suoi genitori, dalla vita dell’altro, ma il suo compito è diventare poesia, cioè diventare qualcosa che non era previsto dall’altro, qualcosa di nuovo, una vita differente, dalla vita dell’altro, in questo senso ogni figlio è uno sforzo di poesia.

Ogni figlio ha la sua provenienza nell’altro, ogni figlio proviene dai suoi genitori ma il compito di ogni figlio è farsi vita differente dalla vita dei suoi genitori. 

Ogni genitore si trova, prima o poi, a porsi domande difficili sul proprio ruolo e sul benessere dei figli. L’Assessment Collaborativo Familiare offre uno spazio per comprendere meglio le dinamiche relazionali, sciogliere nodi comunicativi e ritrovare una nuova armonia. Non si tratta di cercare colpe, ma di costruire consapevolezza e nuove possibilità di relazione.

Se senti che è il momento di approfondire queste tematiche e vuoi capire se questo percorso può fare al caso tuo, contattami per un primo confronto. Insieme possiamo trovare il modo migliore per supportare la crescita e l’equilibrio della tua famiglia.

La base sicura: il potere del pensiero nelle sfide della vita

Pensi possibile che una persona sia per noi cosi importante da motivarci a compiere una pazzia come salire su un elicottero con un pilota ubriaco?

Hai mai sentito parlare del concetto di base sicura in psicologia? Si tratta di quella sensazione di sicurezza emotiva che ci permette di affrontare le sfide della vita con maggiore fiducia. Spesso, una persona significativa per noi può diventare la nostra base sicura, motivandoci e spingendoci oltre i nostri limiti.

Walter Mitty e il coraggio che nasce da una base sicura

Walter: “Forse ti sembrerà strano ma stavo pensando a te. Quando ero in Groenlandia, là sai fanno il karaoke e… io… dovevo salire su un elicottero e il pilota era ubriaco da morire… ho cominciato a pensare a te che che cantavi Major Tom … è stato quello che mi ha fatto salire sull’elicottero e mi ha fatto arrivare dove volevo arrivare”

Nel film I sogni segreti di Walter Mitty, il protagonista trova coraggio nel pensiero di qualcuno di speciale, riuscendo così a superare le proprie paure. Ma come funziona questo meccanismo nella realtà? Scopriamolo insieme. Walter è il protagonista del film “I sogni segreti di Walter Mitty” …ma non vorrei parlarne troppo, penso che vi meritiate di vederlo e di interpretarlo a modo vostro. Mi permetto però di dirvi che a Walter capita di perdere il senso del tempo e di apparire “incantato” e che questo suo tratto non fa altro cha alimentare la derisione dei colleghi, fatto per cui gli viene attribuito l’appellativo di Major Tom, in riferimento al brano Space Oddity di David Bowie.

Il significato di Space Oddity: la storia del Maggiore Tom

Space Oddity racconta le vicende del Maggiore Tom, un astronauta che, staccatosi dalla Terra e uscito dalla sua capsula per affrontare una passeggiata in orbita, a un certo punto interrompe i contatti con la Torre di controllo e si perde nello spazio. Osservando la terra da lontano, Tom viene travolto da un’intensa malinconia e si ribella alla sua missione e mentre dalla Torre non capiscono cosa stia succedendo, sceglie di rimanere lassù, isolato da tutto e tutti, con lo sguardo fisso verso il nostro pianeta “blue” (tradotto dall’inglese significa blu come il colore ma vuol dire anche triste).

Cheryl: il sostegno che aiuta Walter Mitty a crescere

Non tutti i colleghi di Walter lo deridono, anzi e tra gli altri c’è Cheryl di cui è segretamente innamorato. Cheryl: “Volevo dirti una cosa su quella canzone del Maggiore Tom. Quella di cui parlava il tizio con la barba. Lui non sa di cosa parla. Quella canzone parla di coraggio e di affrontare l’ignoto. È una canzone mitica”Cheryl è amichevole, gentile e sostiene Walter rappresentando lentamente un legame sia con la realtà che con il mondo professionale contribuendo al percorso di crescita e di auto-esplorazione.

Il potere della base sicura: sentirsi al sicuro anche da soli

Alcune persone possano influenzare positivamente il nostro benessere emotivo, permetterci di esplorare la realtà e individuare e conseguire i nostri obiettivi personali. Questi benefici sono conseguenti ad una base sicura interiorizzata che è come una specie di sensazione di sicurezza che portiamo con noi dentro di noi. È un po’ come avere una piccola coperta emotiva immaginaria. Questa “coperta” ci fa sentire al sicuro anche quando le persone importanti non sono fisicamente vicine. In poche parole, una base interiorizzata è come una fonte di conforto che portiamo dentro di noi, che ci aiuta a sentirsi al sicuro ed equilibrati anche quando siamo da soli…. magari in Groenlandia e magari compiere una pazzia che ci “libera” e ci fa “volare” (enfatizzando e romanzando)

Scopri di più sul mio approccio terapeutico e su come posso aiutarti a sviluppare nuove risorse interiori.

Approfondisci il concetto di attaccamento e sicurezza emotiva e il loro ruolo nella crescita personale.

Hai mai vissuto un momento in cui il pensiero di una persona cara ti ha dato la forza di affrontare una sfida? Ti è mai capitato di trovare coraggio grazie a qualcuno di speciale? Rifletti su come questa base sicura abbia influenzato le tue scelte.

Se questo tema ti interessa, seguimi per altri approfondimenti!

Imparare a lasciare andare

Accettare o rassegnarsi?

Imparare a lasciare andare comporta l’accettazione del fatto che alcune cose “sono come sono” e che giudicarle o tentare di cambiarle (quando non se ne ha il potere o semplicemente il diritto), comporterebbe un inutile spreco di energie.

L’accettazione ha a che fare con la capacità di osservare la realtà dalla giusta prospettiva, affinché la si possa affrontare in maniera attiva. L’ accettazione offre quindi l’opportunità di guardare il mondo con occhi diversi e di assumere un ruolo attivo nella propria vita, passando dal ruolo di “spettatori” (o “vittime”) a quello di “protagonisti”.

Accettando, abbandoniamo la pretesa di cambiare “l’immodificabile”, per trovare altre strade, concentrandoci sui noi stessi, sui nostri progetti (assertività) e su ciò che può migliorare la qualità della nostra vita.

La rassegnazione, al contrario, implica la continua speranza che, prima o poi, quella situazione o quella persona a cui siamo legati, possa cambiare; non solo, la passività che essa comporta, ci rende vittime delle circostanze, portandoci a credere di non essere padroni del nostro destino.

“Lasciare andare non è dominio e controllo, ma un atto di fede perché la vita si sveli…”

Lasciare andare implica anche rinunciare al desiderio di esercitare il controllo su una situazione o sulle proprie reazioni emotive.

Panico e ansia sono i disturbi tipici di chi teme di perdere il controllo di sé stessi, si innesca un fenomeno di ” paura della paura” che porta a moltiplicare le strategie della protezione.

Il controllo e il lasciarsi andare, però, possono anche fondersi, bisogna trovare un equilibrio tra due opposte pulsioni che non son incompatibili, ma, al contrario, complementari. In realtà tutta l’attività di apprendimento é inizialmente costruita su una sequenza di controllo che poi diventa automatica e permette di lasciarsi andare, basti pensare ai primi momenti trascorsi al volante.

Per ricevere, è necessario prima aprire la mano. Lasciare andare

Lao Tzu

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