Il valore dell’errore a scuola

La scuola non dovrebbe solo insegnare, ma accogliere
“Ci sono cose che a scuola non si imparano dai libri, ma dagli sguardi, dai silenzi, da un adulto che sceglie di esserci davvero.”
La scuola dovrebbe essere molto più di un luogo di voti e interrogazioni. Dovrebbe essere uno spazio dove gli studenti imparano a scoprire chi sono, a esplorare le proprie passioni, e a commettere errori senza paura, perché è proprio attraverso l’errore che si cresce. Eppure, spesso l’attenzione è focalizzata solo sul rendimento, senza considerare che dietro ogni ragazzo c’è una storia, un mondo interiore complesso.
Quando un insegnante sceglie di ascoltare, non di giudicare
Mi ricordo che quando ero in terza o quarta superiore attraversavo un periodo difficile. Come tanti ragazzi della mia età, mi sentivo perso tra le trasformazioni familiari, fisiche ed emotive. Non andavo bene in molte materie, facevo numerose assenze e ogni giorno mi sembrava più complicato del precedente.
Un giorno, una professoressa mi chiamò alla cattedra per interrogarmi. Ero convinto che sarebbe stata l’ennesima esperienza negativa, l’ennesimo voto che avrebbe pesato sul registro. Avevo già la testa bassa, convinto di non sapere abbastanza, di non essere all’altezza. Ma appena mi fu vicino, abbassò la voce e mi disse che non era sua intenzione interrogarmi davvero. In quel momento, capii che voleva solo parlarmi, sapere come stavo, capire cosa stessi attraversando.
Un gesto semplice può cambiare tutto
Quello che mi colpì di più fu il modo in cui lo fece. Non mi mise in difficoltà davanti alla classe, non attirò l’attenzione su di me. Parlava a voce bassa, assegnava compiti agli altri studenti, simulava un’interrogazione vera e propria. Nessuno si accorse di nulla, e io mi sentii protetto, ascoltato, riconosciuto.
Mi guardò e mi chiese semplicemente come stavo. Mi diede quel tempo per parlare di me, per raccontarle cosa stavo provando. Fu un gesto semplice, ma potentissimo. Quella donna, quell’insegnante, in quel momento non era solo una professoressa. Era un’adulta che si prendeva cura di un ragazzo. Mi insegnò che a volte basta poco per fare la differenza nella vita di qualcuno: uno sguardo, una parola, un gesto discreto. In quel gesto c’era ciò che ogni adulto può rappresentare per un giovane in difficoltà: una presenza che ascolta, accoglie e guida. Per molti genitori questo interrogativo è vivo ogni giorno: Come posso essere d’aiuto a mio figlio?
Ne parlo anche qui: Cosa posso fare con mio figlio?
L’errore come strada per conoscersi
Forse la cosa più bella della psicologia analitica di Jung è il concetto di individuazione, che può essere riassunto nella frase emblematica di Nietzsche: “Diventa ciò che sei”. I bambini crescono osservando, imitando, ma poi arriva un momento in cui devono staccarsi da quell’imitazione e trovare la propria strada.
“Diventa ciò che sei”: l’individuazione tra sbagli e consapevolezza
L’oracolo di Delfi diceva “gnōthi sautón”, conosci te stesso, e la prima condizione per diventare se stessi è proprio questa: conoscersi, scoprire le proprie potenzialità, accettare le proprie vulnerabilità. Ma come si fa a conoscersi davvero, se non si ha lo spazio per sbagliare? Jung diceva che per individuarsi bisogna uscire dai comportamenti collettivi, non adattarsi ciecamente, ma trovare il proprio modo di essere nel mondo. E per farlo, è necessario attraversare tentativi ed errori, cadute e risalite. È necessario sbagliare.
Il valore dell’errore nella scuola e nella vita
Per questo, la scuola dovrebbe essere un luogo dove l’errore non è una condanna, ma un’opportunità. Un luogo in cui si impara, sì, ma soprattutto si diventa.
Perché è proprio attraverso gli errori che si cresce, si impara e si diventa più consapevoli di chi siamo e di chi vorremmo diventare.
“L’individuazione non è un percorso lineare, ma fatto di tentativi, inciampi e ripartenze. L’identità, infatti, non è qualcosa di fisso, ma qualcosa che si costruisce nel tempo, spesso passando attraverso l’errore. Ne parlo anche nell’articolo dedicato al Paradosso di Teseo, che esplora proprio il senso del “diventare se stessi” in un mondo che cambia: Chi sei davvero? Psicologia e il paradosso di Teseo.
È proprio qui che l’errore assume il suo valore più profondo: non come fallimento, ma come parte del processo di diventare se stessi. Ecco perché la scuola dovrebbe essere prima di tutto uno spazio sicuro dove sperimentare, commettere un errore e imparare a conoscersi. Perché senza il diritto di sbagliare, non c’è vera crescita, non c’è scoperta, non c’è individuazione”.