INDAGINE nella popolazione Spezzina sull’impatto che ha avuto l’attuale pandemia Covid-19 sulla percezione del nostro benessere fisico, psichico, sociale ed economico.
Quali sono i possibili benefici derivanti dall’indagine?
La raccolta della percezione delle persone che stanno vivendo l’attuale pandemia da Covid-19 riteniamo sia interessante per strutturare possibili ipotesi di futuri interventi nel nostro territorio della Spezia sia in ottica preventiva, per contenere una cronicizzazione dei possibili sintomi che terapeutica.
Lo Studio Clinico il Baobab della Spezia, Vi invita a prendere parte ad un sondaggio per valutare la Vostra percezione relativa all’impatto fisico, psicologico, sociale ed economico che l’infezione Covid-19 ha avuto nella Vostra quotidianità, mettendo in luce, nel caso, le ripercussioni sul Vostro livello di benessere più generale.
Per questo motivo Vi chiediamo la disponibilità a partecipare alla rilevazione.
Se Vi fa piacere, potreste aiutarci nel dare un Vostro contributo al sondaggio.
La compilazione richiede circa 5 minuti attraverso il seguente link: https://lnkd.in/gxgwXgK
L’ emergenza Covid-19 purtroppo sta isolando tutti noi in casa, ma soprattutto per molti bambini , questo si traduce in mancanza di socialità e tantissimo tempo libero a disposizione, soprattutto per i nostri piccoli che non hanno delle video-lezioni in programma.
Senz’altro non è possibile dedicare sempre loro la nostra attenzione, ma ritengo utile suggerire alcuni consigli da seguire per far si, che inizino a gestire il gioco in modo indipendente. Infatti mentre per le generazioni passate, non era nuova consuetudine giocare da soli, per i bambini di oggi il tempo del gioco è sempre limitato in quanto le loro giornate sono scandite da numerose attività che li impegnano in toto. L’organizzazione Mondiale della Sanità suggerisce giustamente che per i piccoli da 2 ai 5 anni di età, non si dovrebbe superare 1 h al giorno di intrattenimento tra televisione, videogiochi, smartphone, per cui occorre trovare nuove strategie per intrattenerli e insegnare loro a giocare in maniera indipendente.
Ecco di seguito alcuni consigli
Osservarli durante il gioco
Una strategia che dovrebbe permettere al bambino di giocare in modo indipendente è questa: stabilite un determinato tempo, (15-20 minuti) con il vostro bambino, durante il quale, spento ogni telefono, starete ad osservarlo, comunicandogli che quel tempo sarà solo dedicato a lui e che il vostro apporto sarà esclusivamente di aiuto e non di proposta ludica. Allo scadere del tempo, sarà per il bambino una grande gratificazione sentirsi dire che è stato bello osservarlo e giocare con lui. Importante: per un bambino che non ha mai giocato da solo, è troppo pretendere che il gioco si prolunghi molto, ad esempio 1 h, quindi si potrebbe iniziare con 5 o 10 min di gioco autonomo rinforzando positivamente ogni frame di tempo che il bambino raggiunge. (anche qualora questo fosse inferiore a quello che il genitore aveva supposto).
Setting stimolante
Pensate a come organizzare l’ambiente di casa, in modo stimolante, così che il bambino possa trovare la voglia e la curiosità di giocare da solo. Lasciate in giro alcuni oggetti o giochi in luoghi inattesi, così da suscitare in lui la curiosità e l’interesse. Scatole aperte di lego e macchinine e/o bambole disposte in fila o in cerchio potrebbero suscitare in lui la voglia di giocarci.
Spazio al disordine
La scelta di un’area della casa in cui i bambini possano giocare liberamente e dare sfogo alla loro fantasia, permetterà loro di rilassarsi, tenendoli impegnati a lungo,senza farsi male. I bambini infatti se non hanno esaurito tutte le loro energie, saranno piuttosto capricciosi.
Per i bambini più fortunati, il giardino costituisce una valida risorsa, perchè possono disporre di spazio in cui giocare, muoversi, fare semplice attività motoria, sperimentare attività di giardinaggio o simili. Per i meno fortunati occorre invece scegliere una zona della casa, in cui possono liberamente giocare e sporcarsi con materiali quali farina, colori, acqua e ideare percorsi con i birilli. Per renderli più sicuri si potrebbe attrezzare la zona in cui giocano con cuscini, tappetini o morbide coperte.
Lasciatevi coinvolgere
Se il vostro bambino sarà consapevole che successivamente anche voi sarete coinvolti nel gioco, troverà maggiore soddisfazione e interesse nel proseguire poi il gioco autonomamente. Le attività in cui un genitore potrebbe inserirsi possono essere per esempio una sfida a nascondere e a trovare un oggetto, o percorsi semplici in sicurezza.
Abbiate pazienza
Non potete pretendere che i vostri piccoli imparino a giocare da soli in breve tempo, perchè tutti i cambiamenti necessitano di tempi lunghi. Se impareranno a giocare in modo indipendente, acquisteranno anche la capacità di elaborare emotivamente quello che sta accadendo intorno a loro, perchè nel loro gioco simbolico insceneranno situazioni che li stanno turbando: il gioco diventa quindi una terapia.
Favorire le routines
L’importante comunque è continuare in questo periodo #iorestoacasa a mantenere costante la ritualità delle abitudini quotidiane proprio per generare in lui un maggior senso di prevedibilità e sicurezza. Risulta utile continuare noi genitori a parlare con loro degli amici e delle maestre del nido ricordando particolari momenti vissuti insieme, proprio al fine di attenuare il distacco dalla loro precedente esperienza pre-scolastica, così come sarà importante prepararli al momento del rientro.
Ancora si potrebbero realizzare disegni e vari elaborati grafico-pittorici da appendere nelle pareti delle loro camerette o in altri luoghi adibiti al gioco, per favorire sempre il loro orientamento temporale e spaziale.
…e la gestione delle emozioni?
I nostri piccoli in questa fascia di età (2-6 anni) non hanno adeguati strumenti cognitivi tali da comprendere le informazioni che giungono loro dai mass-media, anzi sarebbe opportuno limitare al massimo l’esposizione a tali fonti, per cui dovrebbero essere gli adulti a filtrare queste notizie, spiegando loro per esempio che le loro vacanze così prolungate e forzate dipendono da un’influenza che sta circolando intorno a noi ma di cui i dottori si stanno occupando. D’altronde noi adulti costituiamo per loro un importante punto di riferimento su cui il bambino deve contare per controllare le sue paure e se noi ci mostriamo impauriti o agitati anche il nostro piccolo si sentirà in preda ad una realtà minacciosa.
Mi piace concludere con questi pensieri di Antonella Lattanzi:
In questi giorni di chiusura manca a noi tutti l’aria contro la pelle ma presto ci sarà “un’aria tutta diversa che soffia energia vitale dentro di noi, …un’aria piena di coraggio che soffia implacabile per le nostre strade …l’aria di cui è fatta l’immaginazione, un tornado di immaginazione che inventa il futuro che inizia il futuro adesso”.
3 milioni sono gli italiani colpiti da anoressia, bulimia e disordini alimentari; 5% della popolazione; 7,5 milioni sono le persone coinvolte a livello familiare;
Fasce di età a rischio
14-35 anni è la fascia di età più colpita; Tra chi chiede aiuto il 92% sono donne;
Questione di genere?
GENERE donne 96,8% uomini 3,2%; Titolo di studio: diploma 68%, laurea 12%;
Forse no, ma quasi certamente l’avete praticato oppure subito. Il phubbing è un termine recente nato dalla fusione delle parole “phone” (telefono cellulare) e “snubbing” (snobbare), e si riferisce appunto all’atto di ignorare o trascurare il proprio interlocutore in un contesto sociale concentrandosi sul proprio smartphone.
Il cellulare è ormai un oggetto onnipresente nelle nostre vite e molti di noi hanno l’abitudine di tenerlo fra le mani e di interagirci continuamente: questo avviene non solo quando per esempio siamo in coda alle poste o sui mezzi pubblici e, soli e annoiati, controlliamo i social o navighiamo sul web, ma anche quando siamo immersi in relazioni sociali, in famiglia, con i colleghi, tra amici e in coppia.
La ricerca non ha tardato ad analizzare il fenomeno e un nuovo studio, condotto da un’équipe di psicologi dell’Università del Kent e pubblicato sulla rivista Journal of Applied Social Psychology, ne ha confermato le prevedibili implicazioni negative: il phubbing andrebbe a peggiorare in maniera significativa la comunicazione e la relazione tra persone.
I partecipanti allo studio, 153 studenti universitari, hanno assistito a una scena di 3 minuti che coinvolgeva l’interazione tra due persone, con la richiesta di identificarsi con uno dei due protagonisti. Ogni partecipante veniva assegnato a una fra 3 condizioni sperimentali: nessun phubbing, phubbing leggero o phubbing massiccio.
I risultati? Più il livello di phubbing aumentava, più i soggetti percepivano che la qualità della relazione era peggiore e la relazione insoddisfacente.
Gli autori dello studio hanno caratterizzato il phubbing come una vera e propria «forma di esclusione sociale», capace, quando lo si subisce, di «minacciare alcuni bisogni umani fondamentali, come l’appartenenza, l’autostima, il senso di realizzazione e il controllo».
La loro speranza? Che, conoscendo quanto disagio possa suscitare questo comportamento, le persone si impegnino il più possibile per “stare” nelle relazioni che stanno vivendo, e, se proprio devono rispondere a una chiamata o a un messaggio, dedichino a tali interruzioni il più breve tempo possibile.
Quanti di noi durante il nostro percorso di vita abbiamo incontrato momenti e periodi di difficoltà?
A chi dobbiamo rivolgerci se abbiamo bisogno d’aiuto?
Dipende. Dipende dal nostro bisogno, dalle nostre necessità, dalla motivazione ad intraprendere un percorso personale o meno.
A volte sentiamo una spinta a chiedere aiuto e spesso la lasciamo inascoltata, dobbiamo invece cercare di accoglierla e seguirla: una consulenza è il primo passo per decidere insieme allo specialista il percorso più indicato per ognuno.
Talora serve una psicoterapia, in altre situazioni bastano pochi colloqui, in altre ancora c’è necessità di un ausilio farmacologico.
Il nostro medico di base che ben ci conosce potrebbe indirizzarci lui stesso verso la figura più idonea ed appropriata.
Se non sappiamo a chi rivolgerci, probabilmente uno psicologo potrebbe aiutarci a definire meglio la nostra domanda d’aiuto e individuare un percorso più adatto a noi.
Si evince pertanto la necessità di comprendere meglio quali sono le differenti funzioni degli specialisti in una relazione d’aiuto, perché e quando ci si rivolge a chi e, soprattutto, quali sono le tipologie di intervento che vengono effettuate.Inquadriamo ora le rispettive figure professionali dello psicologo, dello psicoterapeuta, dello psicanalista e dello psichiatra.
Psicologo
Lo psicologo è un laureato in psicologia che, dopo la laurea quinquennale, oggi tre più due, e dopo aver effettuato un tirocinio, si abilita alla professione superando l’esame di stato e si iscrive all’ordine nazionale degli psicologi con la qualifica, appunto, di psicologo (albo sez. A). L’ordine degli psicologi circoscrive la professione di psicologo all’utilizzo di strumenti conoscitivi e di intervento, volti alla prevenzione, alla diagnosi, e a tutte le attività di abilitazione, sostegno e riabilitazione rivolte a gruppi o all’individuo, alle comunità e agli organismi sociali. Inoltre, lo psicologo è abilitato alle attività di ricerca e sperimentazione nelle aree psicologiche. Non può somministrare farmaci ma può avvalersi del supporto medico e di consulenze esterne qualora lo ritenga importante. Il compito dello psicologo è quello di guidare la persona in un percorso evolutivo che aiuti a respirare nuove possibilità di essere e di esistere.
Psicoterapeuta
Lo psicoterapeuta è un laureato in psicologia o in medicina e chirurgia che dopo la laurea e dopo aver conseguito l’esame di abilitazione all’esercizio della professione, intraprende una scuola di formazione in psicoterapia di almeno quattro anni e viene conseguita tramite corsi universitari o privati riconosciuti dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR). Appare quindi opportuno parlare di “Psicologo-psicoterapeuta” o di “Medico-psicoterapeuta”. Le scuole di specializzazione che permettono l’iscrizione all’Albo degli Psicoterapeuti sono molte e molto diverse fra loro (in Italia attualmente ce ne sono circa 300). Esse fondano il loro insegnamento su vari tipi di approccio, fornendo una preparazione specifica e diversificata sulla base degli orientamenti teorici a cui si riferiscono (orientamento cognitivo-comportamentale, sistemico-relazionale, psicoanalitico…). Inoltre è abilitato a tutte le attività già citate per lo psicologo e, in più, svolge attività di cura utilizzando tecniche e strumenti propri della psicoterapia. Lo psicoterapeuta, se non è un medico, non può prescrivere farmaci. Lo psicoterapeuta tendenzialmente intraprende lui stesso un percorso di psicoterapia che, per la maggior parte delle scuole di specializzazione rientra nell’iter formativo.
Psicanalista
Lo psicanalista è un laureato in psicologia o in medicina e chirurgia che dopo la laurea e dopo aver conseguito l’esame di abilitazione all’esercizio della professione, intraprende una scuola di formazione in psicoterapia con una formazione psicanalitica di almeno quattro anni. Lo psicanalista, per diventare tale, deve necessariamente sottoporsi in prima persona ad un’analisi personale che può avere una durata variabile con il fine di risolvere eventuali conflitti personali irrisolti e di acquisire maggiori competenze professionali. L’approccio terapeutico scelto è quello che si basa sulla teoria di Sigmund Freud, detto appunto “psicoanalisi”,a questa classica sono succedute molte correnti partendo dalla teorizzazione di alcuni allievi di Freud come Jung, Adler, Anna Freud fino alle più attuali psicoterapie psicoanalitiche o ad orientamento psicanalitico.
Psichiatra
Lo psichiatra ha un percorso differente, è un laureato in medicina e chirurgia che, dopo la laurea, intraprende un percorso di specializzazione in psichiatria. Rispetto alle modalità di trattamento terapeutico del disagio/disturbo mentale offerte dallo psicologo-psicoterapeuta, lo psichiatra è maggiormente orientato a considerare il disturbo mentale come derivante da un malfunzionamento e/o uno sbilanciamento a livello biochimico del sistema nervoso centrale. Per questo motivo la principale modalità di cura proposta dallo psichiatra è quella farmacologica unitamente ad un eventuale invio allo psicoterapeuta. Lo psichiatra è anche abilitato, previa richiesta formale, all’esercizio della psicoterapia quindi all’interno della categoria degli psicoterapeuti esistono psichiatri con questo titolo.
Lo psicologo psicoterapeuta è un professionista che, dopo l’abilitazione alla professione di psicologo, si specializza in psicoterapia attraverso una formazione post-universitaria di almeno 4 anni.
L’iscrizione all’elenco degli psicoterapeuti del proprio ordine regionale ne autorizza l’esercizio alla professione.La Legge 56/89 regola l’esercizio dell’attività psicoterapeutica, con l’art. 3:
“L’esercizio dell’attività psicoterapeutica è subordinato ad una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia, attivati ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, presso scuole di specializzazione universitaria o presso istituti a tal fine riconosciuti con le procedure di cui all’articolo 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica.
Agli psicoterapeuti non medici è vietato ogni intervento di competenza esclusiva della professione medica”.
Lo psicologo psicoterapeuta opera per offrire ai pazienti (o clienti) un percorso di diagnosi e cura volto al superamento delle difficoltà psicologiche, siano esse più o meno gravi ed invalidanti.
Il titolo di psicoterapeuta può essere conseguito anche dai laureati in medicina (previa specializzazione presso una scuola di psicoterapia) o dai medici psichiatri.
Tratto dal sito dell’Ordine degli Psicologi della Liguria
Lo psicologo per poter esercitare la propria professione deve essere iscritto all’Albo di una regione o provincia italiana dopo aver superato l’Esame di Stato. Ogni Albo è suddiviso in due sezioni (istituite dal D.P.R. 328/2001) a cui i professionisti possono iscriversi dopo aver superato l’Esame di Stato. Gli iscritti alla sezione A sono gli psicologi, mentre alla sezione B sono iscritti i dottori in scienze psicologiche. Attraverso il sito dell’Ordine degli Psicologi della propria regione è possibile verificare se una persona è iscritta, tuttavia pur esercitando in un dato territorio, lo psicologo potrebbe essere iscritto all’Albo di un’altra regione, per verificare l’iscrizione all’Albo nazionale è possibile visitare il sito dell’Ordine Nazionale Psicologi al seguente indirizzo.
Tratto dal sito dell’Ordine degli Psicologi della Liguria
Lo psicologo è un professionista che ha conseguito la laurea in psicologia che, dopo aver effettuato un tirocinio professionalizzante, ha conseguito l’Esame di stato ed è iscritto alla “sezione A dell’Albo degli Psicologi.“
La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione, riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito.”
tratto dal sito dell’Ordine degli Psicologi della Liguria.
Definizione della professione di psicologo.
La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito.
Requisiti per l’esercizio dell’attività di psicologo
Per esercitare la professione di psicologo è necessario aver conseguito l’abilitazione in psicologia mediante l’esame di Stato ed essere iscritto nell’apposito albo professionale.
L’esame di Stato è disciplinato con decreto del Presidente della Repubblica, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Sono ammessi all’esame di Stato i laureati in psicologia che siano in possesso di adeguata documentazione attestante l’effettuazione di un tirocinio pratico secondo modalità stabilite con decreto del Ministro della pubblica istruzione, da emanarsi tassativamente entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Requisiti per l’attività di psicoterapeuta
L’esercizio dell’attività psicoterapeutica è subordinato ad una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia, attivati ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, presso scuole di specializzazione universitaria o presso istituti a tal fine riconosciuti con le procedure di cui all’articolo 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica.
Agli psicoterapeuti non medici è vietato ogni intervento di competenza esclusiva della professione medica.
Previo consenso del paziente, lo psicoterapeuta e il medico curante sono tenuti alla reciproca informazione.
Vedi, anche, il regolamento approvato con D.M. 11 dicembre 1998, n. 509.
1. DENOMINAZIONE E DESCRIZIONE SINTETICA DELL’AREA DI PRATICA PROFESSIONALE
La Psicologia clinica costituisce uno dei diffusi ambiti di ricerca e intervento professionale della psicologia il cui dominio di applicazione concerne i problemi di adattamento, i disturbi di comportamento, gli stati e condizioni di malessere e sofferenza allo scopo di valutarli e prendersene cura con mezzi psicologici per facilitare e sostenere il benessere e lo sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale delle persone.
In linea con la definizione normativa di psicologo (L.56/1989), la Psicologia clinica si contraddistingue per le teorie, i metodi e gli strumenti di intervento finalizzati alle attività di prevenzione, valutazione, abilitazione-riabilitazione e sostegno psicologico.
Particolare riguardo alla comprensione della domanda dell’utente individuale e collettivo (coppia, famiglia, gruppi, organizzazioni e comunità), alla psicodiagnostica e agli interventi di aiuto e sostegno, compresi quelli strettamente psicoterapeutici (che costituiscono un particolare sottoinsieme di modalità di intervento clinico specialistico mirato a forme psicopatologiche più strutturate).
Quali sono i nuclei tematici della ricerca clinica?
Fra i nuclei tematici di interesse operativo e di ricerca clinica possono esserne esemplificati alcuni come:
la prevenzione (primaria e secondaria) del disagio personale;
l’identificazione e diagnosi precoce dei rischi psicopatologici;
i fattori cognitivi, affettivo-emotivi, psicosociali, comportamentali, di personalità, sociali e culturali che sono all’origine dei disturbi o mantengono la condizione di disagio;
le emozioni e la loro regolazione in rapporto a salute e malattia, con specifico riguardo alle disregolazioni affettive;
le modalità di gestione clinica di differenti tipi di disturbi individuali, di coppia, familiari e di gruppo; le varie forme di counseling psicologico individuale, di coppia, familiare e di gruppo;
il miglioramento dell’efficacia delle tecniche psicodiagnostiche;
le modalità di gestione di situazioni di crisi emotiva, relazionale o decisionale insorgenti in vari fasi e contesti di vita;
la promozione del benessere psicosociale individuale e nei contesti sociali (asili nido, scuole, famiglia e lavoro);
la progettazione di efficaci forme di riabilitazione psicologica e psicosociale;
la valutazione dell’efficacia degli interventi di aiuto e dei di programmi di prevenzione e promozione della salute in differenti contesti sociali, ecc..
Quali sono gli obiettivi di intervento della psicologia clinica?
La Psicologia Clinica, per quanto concerne il processo conoscitivo (e diagnostico) su cui fonda i suoi obiettivi di intervento, evidenzia:
la centralità di una relazione autentica tra psicologo e utente/paziente;
la qualità del setting co-costruito e funzionale alla comprensione e valutazione clinica (anche mediante gli specifici strumenti come il colloquio, inventari e test);
la progettazione dell’intervento clinico di cura, intesa non necessariamente come psicoterapia, ma, più in generale, come aiuto alla maturazione di una capacità di comprensione della propria realtà psichica e di uno stile comportamentale e relazionale adattivo e funzionale per la persona.
La psicologia clinica moderna
La Psicologia clinica moderna si fonda sulle evidenze della ricerca scientifica e sull’esperienza clinica e assume un approccio interdisciplinare avvalendosi anche dei contributi conoscitivi delle altre discipline psicologiche (in particolare, Psicologia cognitiva, Psicologia dinamica, Psicologia della Personalità e differenziale, Psicopatologia, Neuropsicologia clinica, Psicologia sociale e dei gruppi, Psicometria) e non psicologiche come l’epidemiologia, la fisiologia, la ricerca valutativa, la sociologia sanitaria, ecc.
Le collaborazioni professionali
Nell’attività lavorativa quotidiana psicologo clinico collabora con altre figure professionali che operano nel campo socio-sanitario come, ad esempio, medici di base, pediatri, psichiatri, neurologi, logopedisti e altri tecnici della riabilitazione, infermieri, dietologi, assistenti sociali, ma anche con genitori e familiari degli utenti e con altri professionisti operanti in altri ambiti di interesse come il giudice, l’avvocato, l’insegnante, il pedagogista, l’educatore professionale.
Le applicazioni della psicologia clinica nei vari contesti di vita
Le competenze e gli strumenti offerti dalla psicologia clinica trovano applicazione nei vari contesti di vita nei quali ci si occupa del benessere psicologico dell’individuo, del gruppo, delle organizzazioni e della comunità e danno origine a sottoinsiemi disciplinari che stanno emergendo come ambiti professionali, più o meno autonomi, per il lavoro dello psicologo.
Ci si riferisce, ad esempio:
alla Psicologia clinica dello sviluppo (focalizzazione su alcune fasi del ciclo di vita come l’infanzia, l’ adolescenza, la gravidanza, la genitorialità e approfondimento mirato su temi di rilevanza professionale come: la psicopatologia dello sviluppo, la psicodiagnostica, i disturbi della personalità, la psicoterapia, la neuropsicologia dello sviluppo, il ritardo mentale e i disturbi dell’apprendimento, i disturbi del linguaggio e della comunicazione, l’handicap, la riabilitazione e prevenzione del rischio psicosociale);
alla Psicologia gerontologica (focalizzazione sulla terza età e la presa in carico dell’anziano; sulle sue problematiche cognitive, affettive e comportamentali tipiche; su specifici processi di riabilitazione cognitiva e affettiva; sulle diverse forme di demenza; sul mantenimento e prevenzione di patologie psicogeriatriche, ecc.);
a quella della salute (prevenzione e benessere, salute, stili di vita);
delle dipendenze (tossicodipendenze, gioco d’azzardo, ecc.);
giuridico-forense (in particolare, nell’ambito peritale);
penitenziaria (interventi in situazioni di restrizione della libertà);
a quella delle emergenze (interventi in situazioni di crisi ed eventi traumatici).
2. TIPOLOGIE DI FUNZIONI E ATTIVITÀ PROFESSIONALI CARATTERISTICHE
Diagnosi delle caratteristiche di personalità e assessment delle caratteristiche personali, delle risorse psicosociali, dei bisogni e delle aspettative nelle diverse fasi d’età, mediante strumenti quantitativi (inventari, test) e qualitativi (osservazione diretta in situazione, colloqui clinici, intervista narrativa, focus group, ecc.).
Scelta o costruzione, adattamento e standardizzazione, somministrazione e interpretazione di strumenti di indagine psicologica funzionali alla sintesi psicodiagnostica (test, inventari e questionari su abilità cognitive, interessi, motivazioni, personalità, atteggiamenti, interazioni di gruppo e sociali, sindromi patologiche, idoneità psicologica a specifici compiti e condizioni, ecc.) .
Assessment del grado di adattamento di un individuo al gruppo o alle comunità di cui fa parte, analisi delle eventuali dinamiche conflittuali interpersonali (di coppia, genitoriali, ecc.) e consulenza per la negoziazione e mediazione di tali conflitti.
Ass. delle caratteristiche genitoriali per l’idoneità all’adozione e affidamento.
Ass. del grado di imputabilità/responsabilità individuale (interdizioni, inabilitazioni, incapacità testamentaria, ecc.).
Assessment delle situazione di maltrattamento e abuso dei minori e proposte di intervento.
Valutazione dell’entità dell’handicap e delle capacità residue dal punto di vista neuropsicologico, psicologico e psicosociale.
Realizzazione di piani di trattamento calibrati sulla domanda dell’utente (frequenza, intensità durata), monitoraggio della loro attuazione ed eventuale correzione o integrazione.
Interventi di psicoterapia, di riabilitazione comportamentale, di rieducazione funzionale e integrazione sociale volti a ripristinare il benessere bio-psico-sociale dell’individuo nelle diverse fasi del suo ciclo di vita (bambini, adolescenti, adulti, anziani), anche nel contesto della famiglia, dei gruppi sociali e delle comunità.
Progettazione e realizzazione di interventi diretti a sostenere la relazione genitore-figlio, a ridurre il carico familiare, a sviluppare reti di sostegno e di aiuto con particolare riguardo alle differenti situazioni di disabilità e disagio.
Counselling individuale e di gruppo relativo a problemi emozionali, di progettazione di obiettivi e piani di azione, di decisione su alternative scolastico-professionali, di gestione di difficoltà relazionali con i familiari, di comportamenti a rischio e di uso di sostanze psicoattive, ecc.
Interventi di sostegno e counselling per minori che hanno vissuto esperienze traumatiche per facilitare una rapida ripresa delle routines e abitudini quotidiane (scuola, gioco e tempo libero, ecc.).
Counselling individuale e di gruppo per facilitare la gestione efficace di situazioni stressanti, per prevenire effetti avversi a lungo termine e per un migliore adattamento e qualità di vita.
Counselling individuale e di gruppo per la correzione di condotte insalubri e per accrescere la compliance ai trattamenti terapeutici, soprattutto in presenza di malattie croniche.
Couns. e sostegno psicologico ai pazienti ospedalizzati, ai loro famigliari ed agli operatori di tali strutture, con specifico riguardo ai percorsi diagnostico-terapeutici per pazienti in particolari condizioni critiche acute e croniche.
Attività di empowerment degli utenti portatori di peculiari situazioni di fragilità, vulnerabilità o cronicità e per una migliore autogestione post-ricovero ospedaliero.
Valutazione dell’efficacia e dell’appropriatezza dei metodi adottati negli interventi psicoterapeutici e di riabilitazione.
Progettazione, realizzazione e valutazione di interventi individuali e di gruppo per la riabilitazione psicosociale e di abilità cognitive e motorie (in bambini, adolescenti, adulti, anziani) e per l’inserimento della persona disabile nell’ambiente sociale e lavorativo.
Progettazione, realizzazione e valutazione di interventi sulla tossicodipendenza, alcoldipendenza ed altre forme di dipendenza (gioco d’azzardo, sesso, lavoro, ecc.), nonché interventi di potenziamento della rete sociale di sostegno (partner, genitori, figli, ecc.).
Prog., realizzazione e valutazione di strumenti, interventi e programmi per la prevenzione e promozione della salute, per la modifica dei comportamenti a rischio, con specifico riguardo ai contesti educativi, familiari, di comunità residenziali, associativi e lavorativi.
Pianificazione, conduzione o supervisione di ricerche cliniche nei vari ambiti di intervento e per differenti tipi di pazienti (bambini, adolescenti, adulti, anziani) e di programmi di ricerca-azione nell’ambito della comunità.
Consulenza nella progettazione di strutture per disabili e per l’accessibilità ai disabili di tutte le strutture di uso comune.
Supervisione individuale e di gruppo rivolti ai vari operatori della salute per potenziare le competenze comunicative e il funzionamento delle équipe anche nella prospettiva di prevenire il burn-out.
Attività di sperimentazione e didattica nell’ambito delle specifiche competenze caratterizzanti il settore e ai sensi della L.56/1989.
Formazione degli operatori socio-sanitari su emergenze nell’area medico-chirurgica ad elevata complessità, appropriatezza nella personalizzazione delle cure, comunicazione interpersonale e istituzionale, integrazione e lavoro in team, gestione dei conflitti interprofessionali.
3. PRINCIPALI CONTESTI LAVORATIVI E SETTORI DI INTERVENTO
Lo psicologo clinico è un laureato magistrale, abilitato dall’Esame di stato all’esercizio della professione, iscritto all’Albo degli psicologi nella sezione A capace di operare in completa autonomia professionale. Mentre gli orientamenti teorici e parte delle pratiche operative della psicologia clinica possono accomunare tutti laureati in psicologia, i trattamenti psicoterapeutici sono riservati a quei laureati che sono in possesso del diploma di specializzazione in una delle Scuole di Specializzazione di ambito psicologico:
Psicologia clinica, Neuropsicologia, Psicologia del ciclo di vita, Psicologia della salute, Valutazione psicologica e consulenza (counselling).Si inserisce mercato occupazionale dei servizi sanitari, educativi e sociali, pubblici e privati:
1. come dipendenti del SSN nei servizi di psicologia delle ASL (variamente denominati e dislocati anche in differenti Dipartimenti, Reparti ospedalieri, Consultori, Servizitossicodipendenze, Centri di riabilitazione);
2. come dipendente dei servizi educativi e sociali (servizi per l’infanzia, l’adolescenza e lafamiglia) di enti locali territoriali;
3. come socio di cooperative che offrono servizi clinici, sociali, educativi, riabilitativi e diassistenza sanitaria e sociale;
4. come libero professionista (singolo o associato in società di consulenzapluridisciplinare) per l’erogazione di servizi clinici, riabilitativi e di educazione sanitaria nell’ambito degli asili e scuole per l’infanzia, scuole primarie e secondarie, dei Consultori familiari, delle istituzioni assistenziali e di riabilitazione, delle organizzazioni di lavoro e delle comunità (ad esempio, comunità terapeutiche, comunità di recupero tossicodipendenti, residenze per anziani, ma anche servizi di quartiere, farmacie, palestre, associazioni sportive, ecc.);
5. come ricercatore in centri studi e ricerche pubblici e privati e presso l’università.
4. PERCORSI FORMATIVI DI BASE PER ACCEDERE ALL’AREA PROFESSIONALE
Laurea Magistrale LM/51 Psicologia (o lauree equivalenti dell’ordinamento previgente).
5. INDICAZIONI PER L’ACCESSO ALL’AREA PROFESSIONALE
L’inserimento nella professione in quanto Psicologo clinico richiede il completamento della formazione di base (Laurea Magistrale) con il tirocinio professionale svolto nell’ambito dei servizi pubblici (ad esempio, ASL) e privati operando nelle aree professionali tipiche della psicologia clinica.
Data la specificità dei compiti professionali di chi opera negli ambiti clinici e della prevenzione e promozione della salute, la partecipazione a Corsi di Alta formazione o Master Universitari nello stesso ambito risulta particolarmente indicata anche rispetto alla necessità padroneggiare le tecniche operative della psicologia clinica e di possedere conoscenze sui sistemi e le politiche socio-sanitarie.
Per l’assunzione nel Servizio Sanitario Nazionale (oltre che per lo svolgimento delle attività professionali di tipo psicoterapeutico in ambito privato o pubblico) si richiede obbligatoriamente il possesso del diploma di una delle della Scuole di Specializzazione che conferisce uno dei seguenti titoli di specialista in: Psicologia clinica, Neuropsicologia, Psicologia del ciclo di vita, Psicologia della salute, Valutazione psicologica e consulenza (counselling).
In particolare, solamente la scuola di specializzazione dedicata allo sviluppo di competenze in psicologia clinica conferisce il titolo di Specialista in Psicologia clinica.
tratto dal sito dell’Ordine degli Psicologi della Liguria